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EUROPA GALANTE
FABIO BIONDI
Violino solista e direttore
Fabio Ravasi (violino e viola), Barbara Altobello, Rossella Borsoni, violini I
Andrea Rognoni, Lalita Svete (da confermare), violini II
Stefano Marcocchi, Ernest Braucher, viole
Alessandro Andriani, Perikli Pite, Gianluca Pirisi, violoncelli
Paola Poncet, cembalo
Giangiacomo Pinardi, teorba
Patxi Montero, violone
Manuel Granatiero, flauto
Johann Sebastian Bach (1685-1750) Concerto Brandeburghese n. 3
in sol maggiore, BWV1048
1. Allegro
2. Adagio
3. Allegro
George Friedrich Haendel (1685-1759) Concerto Grosso op. 3, n. 3
in sol maggiore, HWV 314
1. Larghetto, e staccato-Allegro
2. Adagio
3. Allegro
Antonio Vivaldi (1678-1741) Concerto per in la minore per due violini
op. 3, n. 8, RV522
1. Allegro
2. Larghetto
3. Allegro
Arcangelo Corelli (1653-1713) Concerto Grosso
1. Adagio
2. Allegro
3. Adagio
4. Vivace
5. Gavotta
(da Sonate a violino e violone o cimbalo, op. 5, n. 11)
J.S. Bach Concerto per violino e archi
in sol minore, BWV 1056
1. Allegro
2. Largo
3. Presto
J.S. Bach Concerto Brandeburghese n. 5
in re maggiore, BWV 1050
1. Allegro
2. Affettuoso
3. Allegro
Note di sala
Nel cuore del primo Settecento europeo, il linguaggio musicale si fa esuberante e policromo, animato da una nuova consapevolezza; il concerto emerge come una forma d’arte capace di raccontare, persuadere e incantare, attraverso il dialogo strumentale. Italia, Germania e Francia, con le loro distinte scuole musicali, plasmano profondamente lo stile dei compositori che oggi riconosciamo come i grandi pilastri del Barocco: Johann Sebastian Bach, George Friedrich Haendel, Antonio Vivaldi e Arcangelo Corelli. Pur differenti per temperamento e poetica, questi autori condividono una visione comune: la musica come espressione raffinata del pensiero e del sentimento, capace di coniugare architettura e passione, virtuosismo e spiritualità.
È in questo spirito che Bach scrive i suoi Concerti Brandeburghesi, vertici insuperati della forma concertante barocca. Il terzo, in sol maggiore BWV 1048, si distingue per l’architettura simmetrica e la scrittura originale a tre gruppi d’archi, intrecciati in un gioco continuo di imitazioni e dialoghi contrappuntistici. La danza incalzante degli archi nei movimenti rapidi si contrappone a un secondo movimento enigmatico, ridotto a un solo accordo sospeso: un invito all’invenzione dell’interprete, quasi un respiro improvviso nel cuore di un turbine inarrestabile. Diverso ma altrettanto sorprendente è il quinto concerto, BWV 1050, dove il clavicembalo, tradizionalmente relegato al basso continuo, emerge con autorità solistica: il primo movimento culmina in una lunga cadenza virtuosistica, di sorprendente audacia e modernità. Qui il solista non è più comprimario, ma protagonista assoluto in un dialogo serrato con flauto e violino, fino al trascinante movimento conclusivo, manifestazione della gioia barocca nel trasformare la tecnica in espressione.
A questa dimensione tedesca, elaborata e densa, si affianca quella più teatrale e scenografica di Haendel, che pur essendo tedesco di nascita si italianizza presto e trova in Inghilterra la sua patria artistica. Il suo Concerto Grosso op. 3 n. 3 in mi minore, frutto di rielaborazioni di materiali precedenti da parte dell’editore londinese John Walsh, esprime una tavolozza emotiva che passa dalla solennità grave dell’inizio alla leggerezza brillante dell’Allegro conclusivo. Non c’è qui la severità strutturale di Bach, ma piuttosto una varietà fluida di atmosfere che rimandano al mondo dell’opera, della danza e dell’oratorio, mondi in cui Haendel fu maestro indiscusso.
Ed è proprio all’Italia che bisogna guardare per comprendere l’origine profonda di questa cultura concertante. Antonio Vivaldi, con il suo straordinario estro inventivo, plasma il Concerto come forma viva, flessibile, capace di riflettere la vivacità del teatro e l’eleganza della scrittura strumentale. Il Concerto in la minore per due violini, op. 3 n. 8, tratto dalla celebre raccolta L’Estro Armonico, ne è un esempio paradigmatico. Qui i due violini si rincorrono, si imitano, si sfidano in un gioco dialettico di rara vitalità. Il movimento centrale, un Larghetto lirico e raccolto, crea un contrasto intenso con l’esuberanza ritmica dei due Allegro, restituendo un microcosmo perfetto della poetica vivaldiana.
Ma se Vivaldi rappresenta la brillantezza, l’audacia, il colore, Arcangelo Corelli ne incarna la misura, l’equilibrio, la grazia classica. La sua influenza sulla musica europea fu immensa: attraverso la forma del Concerto Grosso egli codifica un ideale di armonia e chiarezza che sarà fondamentale per generazioni di compositori. Il brano proposto – tratto dalla Sonata op. 5 n. 11 – è un esempio perfetto di questa scuola: l’alternanza di Adagio e Allegro, l’eleganza delle linee melodiche, la presenza di una danza finale come la Gavotta, tutto parla di un’arte raffinata e serena, capace di emozionare senza mai eccedere.
Di nuovo a Bach, infine, dobbiamo il Concerto in sol minore BWV 1056, probabilmente nato come concerto per tastiera, ma qui proposto nella sua versione per violino. Il secondo movimento, il celebre Largo, è una delle pagine più liriche del repertorio barocco, sospesa tra dolcezza e malinconia, incanta per la sua essenzialità espressiva. Il primo e il terzo movimento, entrambi animati da una scrittura vivace e ritmica, completano un affresco che unisce tecnica e sentimento, struttura e pathos in un equilibrio perfetto.
Questa selezione di capolavori non è soltanto un’antologia del concerto barocco, ma costituisce un manifesto della ricchezza e della varietà di un linguaggio che, pur affondando le radici in codici formali precisi, trova in ogni autore una voce distinta e riconoscibile. Da Bach a Vivaldi, da Corelli a Haendel, ciò che emerge è la forza inesauribile della musica come linguaggio universale, capace di superare i confini geografici e parlare, oggi come allora, direttamente al cuore.
Giunto alla sua terza edizione, il Farnese Festival si conferma una delle manifestazioni più rilevanti dedicate alla musica antica e barocca, affermandosi come appuntamento di riferimento nel panorama nazionale e internazionale.
Promosso e organizzato dal Complesso monumentale della Pilotta, il festival nasce con l’obiettivo di valorizzare soprattutto il patrimonio musicale europeo dei secoli XVII e XVIII, attraverso un programma di altissimo livello, curato da Fabio Biondi, uno dei violinisti e direttori maggiormente autorevoli della scena barocca internazionale.
In programma dal 2 all’8 giugno 2025, la rassegna avrà come fulcro, come di consueto, il Teatro Farnese, edificio storico tra i più straordinari al mondo, affiancato da altri spazi del Complesso della Pilotta, che accoglieranno il pubblico in un percorso culturale immersivo tra musica, arte e architettura.
A conferma della sua vocazione progettuale e della capacità di dialogare con le istituzioni culturali del territorio, il Farnese Festival 2025 proporrà, all’interno dei propri ambienti, appuntamenti realizzati in collaborazione con il Teatro Due e con il Conservatorio di Musica “Arrigo Boito” di Parma, consolidando il rapporto con le principali realtà artistiche cittadine e contribuendo alla costruzione di una visione culturale condivisa.
Concepito non soltanto come rassegna di concerti, ma come progetto organico di valorizzazione del patrimonio storico, artistico e musicale, il Farnese Festival rinnova il proprio impegno nel restituire vitalità e visibilità a un repertorio di straordinario valore, rafforzando al contempo il ruolo del Complesso monumentale della Pilotta quale polo di eccellenza per la promozione e la diffusione delle arti.
Alle persone in possesso del biglietto scontato sarà chiesto di esibire, al controllo accessi, la tessera che dà diritto alla riduzione di cui hanno usufruito.